CRIOANALGESIA

La tecnica si basa sul raffreddamento (- 70-80°C) della parte terminale esposta di un ago mediante espansione di un gas (NO o CO2) sottoposto ad elevata pressione. Intorno alla parte esposta si forma una zona ghiacciata dello spessore variabile dai 3.5 ai 5.5 mm di diametro. Il freddo determina nelle strutture nervose una degenerazione Walleriana, senza ledere l’epinervio ed il perinervio, permettendo quindi la rigenerazione della via nervosa che ovviamente dipende, per quanto riguarda il tempo, dalla velocità di rigenerazione (1-3 mm/giorno) e dalla lunghezza del tratto interrotto (Holden, 1975). La durata dell’analgesia ottenuta pertanto può variare da due settimane a 5 mesi (mediana) (Lloyd ,1976; Barbard, 1978).

Indicazioni: interruzione delle afferenze nocicettive da un tessuto periferico (articolazione ad esempio) o delle afferenze da siti ectopici in nervi periferici lesionati (neuromi, intrappolamenti nervosi, reinnervazioni patologiche.
Setting di cura: la procedura deve essere eseguita in sala operatoria o in sala di radiologia attrezzata. Richiede controllo fluoroscopico e/o ecografico del posizionamento dell’ago. Si esegue in anestesia locale.
Applicazioni cliniche in letteratura: criolesione dei nervi inguinale (sindrome post-erniectomia), intercostale (sindrome post-toracotomia, nevralgia intercostale), glossofaringeo (sindrome post-tonsilelctomia), trigemino (nevralgie facciali), branca mediale (faccette articolari), nervi clunei (nervalgia dei clunei o dei glutei), nervi coccigei (coccidodinia), dei pudendi (dolore perineale), ileoinguinale, ipogastrco e genitofemorale e nei nervi periferici degli arti (per lesioni, algodistrofie o neuromi).
Controindicazioni: diatesi emorragiche, infezioni locali, diagnosi incerta.